Il perdono fa bene all’anima. Ricordo con chiarezza cristallina il giorno in cui il mio dolce zio Fred si fermò all’ improvviso davanti alla casa dei miei nonni e mi disse qualcosa di amichevole, prima di entrare.
Stavo mangiando una carota. Pochi minuti dopo mi chiamarono dentro, ed egli mi disse che la mamma era morta. Era morta in un incidente stradale mentre stava per venire a prendere me e mia sorella.
Avevo solo quattro anni, ma capii subito che dovevamo pregare. Non so per cosa pregammo, come se ci fosse qualcosa che poteva aiutarci, ma gli adulti si inginocchiarono a pregare con me. Non so come capii che era il momento di pregare. Deve avermelo insegnato la mamma.
Grazie al cielo c’era la nonna. L’ amavo così tanto. Lo so perché lei mi amava ferocemente. Riesco a sentire il suo amore ancora oggi, lo sentivo ieri, lo sento quando voglio, e lei è lì.
Mi fece da madre dopo che la mamma era morta, perché papà proprio non poteva farlo. Era così triste, tutto quello che poteva fare era bere.
Pregai molto la sera che venne mio padre e mi portò via dalla nonna. Lei era in ospedale, e non sapeva che lui fosse venuto. Non ci avrebbe mai lasciate andare, se l’avesse saputo.
Lei ci avrebbe prese e nascoste come aveva fatto molte volte. Pregai in macchina, mentre piangevo. Ecco quando iniziai a chiedermi se qualcuno stava ascoltando.
Le preghiere inaudite
Io e mia sorella avevano inventato un gioco: quello di guardare se si vedevano i fari della macchina di papà che imboccava la strada di casa nostra.
Allora correvamo a letto e fingevamo di dormire, perché era sempre molto tardi quando tornava a casa – i bambini dovrebbero essere a letto addormentati a quell’ora di notte — ma non lo eravamo mai.
Pregavo molto quando entrava in casa che andasse a dormire e non facesse uscire me o mia sorella dal letto. A volte quella preghiera riceveva risposta, ma molte volte no.
Forse ricevette risposta un giorno, quando la polizia arrivò a scuola, e mi prese per portarmi a casa di qualche estraneo perché vi rimanessi per un po’. Sembrava che fosse arrivata troppo tardi.
Quando ero un adolescente e vivevo con lo zio e la sua famiglia, alcune persone ben intenzionate, in chiesa, mi dicevano che le prove mi avrebbero reso forte e un giorno avrei visto che ero benedetta, che Dio aveva un piano per me.
Annuivo e sorridevo. Davvero?? Mentre diventavo più grande, la mia risposta silenziosa e cinica era “Sì, mi sento veramente male per il fatto che abbiate una mamma e un papà, e una famiglia vera.
Una volta che mi sposai ed ebbi dei figli sapevo che avevo bisogno di svolgere il mio ruolo. Provai a mettere da parte i miei dubbi per un po’, ed a fare solo il mio dovere .
Ebbi persino alcune buone esperienze lungo il percorso. Stavo cercando di fare quello che sapevo avrei dovuto fare, anche se il mio cuore era indurito. Io non lo sapevo, ma tutte quelle preghiere senza risposta che avevo detto da bambina, erano ancora in attesa dentro di me.
Forse il Signore me le stava conservando per un po’, fino a quando non fossi pronta ad ascoltare le risposte. Era paziente, anche se io non lo ero. Egli mi amava, anche se ero arrabbiata con lui.
Mi sentii benissimo un giorno, quando qualcuno di cui mi fidavo, mi disse che avrei dovuto dire a Dio che io stavo male e chiedergli perché mi avesse abbandonato. Così pregai di nuovo. E le risposte vennero. Lentamente.
Le risposte alle preghiere arrivano
Non pensavo che il mio papà meritasse il perdono. Le persone che vivono come ha fatto lui, e feriscono le persone come faceva, lui sono mostri che non possono essere abbastanza in gamba da rimediare alla loro sozzura.
Questo è quello che pensavo. Così, quando si battezzò, stetti a guardare, e aspettai che colpisse di nuovo. E feci male. Mi feriva che fosse diventato un membro della chiesa in piena regola. Mi sentivo come se il Signore mi avesse tradito ancora una volta.
Mi uccideva. Dopotutto non pareva che A Dio importasse del mio dolore e della mia angoscia. Perché Lui doveva pentirsi? Immagino che pensavo che il Salvatore avesse bisogno del mio permesso per perdonarlo.
Sapevo che avevo bisogno di fare qualcosa, per essere in pace nel mio rapporto con mio padre e il mio Dio. Consultai un dirigente della chiesa di cui avevo fiducia, per avere sostegno e guida.
Era d’accordo che avevo bisogno di fare una telefonata, che questo doveva essere risolto. Un giorno mio padre sarebbe stato alla barra di Dio per essere giudicato per i suoi atti, ed io avevo la possibilità e la responsabilità di aiutarlo a completare il processo di pentimento.
Fu la cosa più difficile che avessi mai fatto. Mi sedetti sul letto e respirai forte. Mentre arrivavo al telefono, era come se mi stessi facendo strada attraverso le sabbie mobili.
Quando mio padre rispose al telefono lo avvertii che questa telefonata sarebbe stata una bomba. Poi mi scaricai. Avevo una lunga lista di lamentele che andavano dal rapimento all’ abbandono e all’ abuso. Volevo essere sicura di non trascurare niente, perché non volevo doverlo fare di nuovo.
Così egli rimase tranquillo, mentre io soffocavo, e parlavo tra le lacrime. Fu un miracolo che dicessi tutte queste cose, perché nella mia famiglia, nessuno dice niente del genere.
Il perdono cura l’anima
Il miracolo più grande fu la sua risposta: “Mi dispiace così tanto. Non potrò mai compensare quello che ho fatto. Io non sono degno di perdono.
Mi è stato detto che ad un certo punto devo smettere di guardarmi indietro, e che devo cominciare a guardare avanti, ma non posso”. Sapevo perché non poteva guardare avanti.
Mentre lui aveva confessato tutto ciò che ricordava di sevizie e abusi in passato, aveva ancora i conti in sospeso con me, e con molti altri come me, che stavano ancora soffrendo. Fui benedetta di poterlo aiutare a chiedere il perdono a queste persone.
Verso la fine della conversazione ho sentivo null’altro, se non compassione e amore per mio padre. Fu assolutamente un dono dello Spirito, perché era al di là di ciò che il mio cuore umano fosse capace di fare. Gli ho detto che io lo perdonavo e lo amavo e che se potevo farlo, poteva farlo anche lui, per se stesso.
Nei giorni che seguirono, non riuscivo a pensare ad altro. Mio marito mi chiamò ‘l’ammazza draghi.’ Ho apprezzato il fatto che egli si rendesse conto di quanto fosse difficile.
La mia famiglia era stupita e così contenta che finalmente qualcuno avesse fatto ciò che tutti noi avevamo voluto fare da così tanto tempo.
Ho cercato, nella mia mente, di conciliare l’uomo che mio padre era una volta, con l’uomo che è oggi. Non ho potuto. L’uomo che era mio padre quando ero giovane è morto. Il papà che ho adesso parla in modo diverso, agisce in modo diverso, indossa anche abiti diversi. E’ rinato.
Avevo sempre pensato che, poiché avevo sempre cercato di fare la cosa giusta, in qualche modo fossi più degna di mio padre, delle benedizioni dell’Espiazione.
Anche se mi è stato sempre stato insegnato che possiamo essere purificati dal sangue del Salvatore, sapevo per certo che gli abiti di mio padre erano così sporchi, non avrebbero mai potuto ritornare puliti. Così mi ero sentita tradita perché lui poteva ereditare la stessa benedizione che potevo io.
Mi venne in mente la parabola che il Salvatore aveva insegnato, in merito agli operai che servivano il Signore nella sua vigna, ognuno per un periodo di tempo diverso, ma a tutti, alla fine della giornata, veniva dato lo stesso salario.
Ero come l’operaio che aveva lavorato fin dal mattino, e sentiva che era ingiusto che chi aveva lavorato solo dall’undicesima ora ottenesse il suo stesso compenso.
Avevo bisogno di sapere ciò che il Signore aveva da dire su questo. Nel capitolo 20 di Matteo, il Signore parlava a me quando disse ai versetti 13 – 15,
“Amico, io non ti faccio alcun torto, non ti sei accordato con me per un denaro? Prendi ciò che è tuo e vattene; ma io voglio dare a quest’ ultimo, quanto a te. Non mi è forse lecito per fare del mio ciò che voglio? O il tuo occhio è cattivo, perché io sono buono? ” .
Con quel versetto mi fu dato l’ultimo pezzo che avevo bisogno per questo puzzle. Agli occhi del mondo – ai miei occhi – quando mettevo le mie azioni e quelle di mio padre sulla bilancia della giustizia, non c’ era equilibrio. Ma quando abbiamo messo la bilancia nelle mani del Salvatore, i piatti della bilancia erano alla pari.
Ho sempre immaginato che un giorno avrei avuto un discorso con mio padre, in cui gli avrei detto quel che pensavo, e mi sarei vendicata, ma tutto è successo in modo così diverso da come lo vedevo. Invece di usare la mia rettitudine per condannarlo, la sua umiltà e l’amore mi hanno resa umile al di là di qualsiasi cosa avrei mai potuto immaginare.
La verità è che nessuno di noi merita l’amore e l’espiazione del Salvatore. Eppure egli la dona gratuitamente. “Non è lecito fare del mio ciò che voglio?,” è la domanda che ci chiede, perché è il suo dono che dev’essere dato a tutti quanti noi.
I nostri cuori e le nostre menti umane non possono comprendere fino a che punto l’espiazione, ci purifichi.
Né possiamo comprendere appieno quanto siamo peccaminosi e senza speranza e caduti, senza di lui. Spesso guardo alle altre persone con un metro in mano, misurando e soppesando la mia strada attraverso questa vita – con le debolezze altrui, che giustificano le mie.
Ho bisogno di ogni goccia del suo sangue, e anche il mio papà.
Così ecco la risposta alle mie tante, tante preghiere. La risposta non serviva a salvare me dal dolore e dalla tristezza. E’ arrivata per farmi vedere il miracolo e la grazia dell’espiazione, in modo che potessi volgermi al Salvatore e avere speranza nella realtà della mia finale santificazione, mediante il Suo sangue. Io non cambierei quella risposta per niente altro.
Così può darsi che lui stesse ascoltando, dopo tutto.
collaboratore
Ultimi post di collaboratore (vedi tutti)
- Chi erano i re magi? - 28 Dicembre 2018
- La nascita di Gesù Cristo - 24 Dicembre 2018
- I pastori del tempio – Luca 2:1-20 - 23 Dicembre 2018