servire gli altri e sacrificarmiPerché ho scelto di servire e di sacrificarmi.

Non appena la sveglia suona alle cinque e mezza del mattino, mi tiro giù dal letto molto pigramente, e procedo a tentoni nell’oscurità verso il bagno; però non appena cerco di accendere la doccia, la bambina comincia a piagnucolare.

Le cambio il pannolino e la cullo per farla addormentare, e scopro di essere in ritardo: ho una riunione alle sei e mezza.

Mi faccio la doccia e mi rado, mi metto su camicia e cravatta, e faccio una preghiera per iniziare la giornata.

Un po’ esasperato, apro la porta del garage solo per ritrovarmi un bimbo che mi tira i pantaloni chiedendomi del cibo perché non ha mangiato abbastanza a cena, ieri sera.

Gli dò una mela, lo rimando a letto, e dò un bacio a mia moglie per salutarla.

Il tutto iniziò molto in fretta. Una breve riunione del comitato esecutivo di trenta minuti è seguita da una riunione di novanta minuti con altri dirigenti dell’organizzazione.

Dopo, passo il resto del mio tempo a salutare i membri della congregazione e a gestire altre situazioni, prima che inizia la riunione principale di un’ora, con duecentocinquanta membri della congregazione partecipanti.

Io ho il compito di condurre questa riunione, e nonostante la mia esperienza nel parlare col pubblico, le farfalle allo stomaco mi vengono ancora.

Beh, in realtà, questa potrebbe essere fame; purtroppo, nel prepararmi in fretta e furia, stamattina, non ho mangiato nulla per colazione.

Non ho avuto neanche il tempo di prepararmi un pranzo al sacco, perciò pare ch’io debba aspettare fino a cena per mangiare.

Poi teniamo un’altro paio di riunioni, ognuna della durata di un’ora.

Successivamente mi incontro con un altro po’ di persone, per svariate ragioni: in alcuni, delego queste persone a degli incarichi; in altri controllo i loro progressi nei loro compiti, oppure assisto delle persone che stanno affrontando delle sfide importanti.

Cerco di fare del mio meglio per essere un dirigente comprensivo e di supporto, ma a volte è difficile sapere se ho detto la cosa giusta.

Arrivato il pomeriggio, è il momento di chiudere i conti: dobbiamo lavorare sulle finanze e sul budget, aggiornare i registri dell’organizzazione, ed effettuare alcune chiamate.

Finalmente è il momento di lasciare l’ufficio, ma solo per fare delle visite a dei membri dell’organizzazione a casa loro.

Arrivo a casa poco dopo le tre e mezza, stanco a causa delle attività del giorno ed ansioso di stare finalmente con la mia famiglia. So che durante la settimana dovrò lavorare altre ore, ma per adesso, mi godo i momenti a casa.

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Mentre mi rilasso con le mie bimbe dopo una domenica lunga e meravigliosa

Potreste pensare che ciò che ho appena descritto descrive un normale giorno di lavoro, ma non è così. Non vengo pagato per questo lavoro, ma è volontario e spesso succede di domenica, il mio unico giorno libero.

Non ho aspirato a questo lavoro, né mi sono candidato per esso, ma mi è stato semplicemente chiesto di farlo.

Non è che il mio lavoro mi farà scalare la piramide dell’organizzazione, perché un giorno verrò rimpiazzato senza tante cerimonie, e mi verrà chiesto di servire da qualche altra parte.

Servire

Questo è ciò che significa servire nella Chiesa di Gesù Cristo. Il mio lavoro “normale”, quello che porta i soldi a casa per sfamare la famiglia, è quello di professore universitario.

Il mio lavoro in chiesa, detto “chiamata”, è l’equivalente di un aiuto parroco in una parrocchia: noi lo chiamiamo “consigliere del vescovato”.

Questo anziché sfamare la mia famiglia, sfama la mia anima. Certo, significa un sacco di visite, riunioni, e responsabilità. Certo, significa sacrificarsi, specialmente per la mia famiglia.

E sì, significa anche sfinirmi in un giorno di riposo mentre partecipo anche ad attività, visito famiglie a casa loro, rispondo alle email, e partecipo ad altre riunioni durante la settimana.

E nonostante ciò, questo è uno dei modi più importanti in cui trovo la gioia e scopo nella mia vita, perché il servizio e il sacrificio nella Chiesa mi aiutano a sconfiggere l’egoismo del mio cuore, e ad aiutare gli altri; mi aiuta a scoprire come posso essere d’aiuto a Dio ed ai Suoi figli; ed è un modo in cui imparo a scoprire me stesso: chi sono, dove sto per andare, e cosa ho da dare agli altri.

Non sono certo l’unico nella Chiesa che lavora così duro o che si sente allo stesso modo riguardo al loro servizio.

Nel globo ci sono oltre 29.000 congregazioni simili alla mia, ognuna di esse costituita da un “vescovo” o da un “presidente di ramo” (l’equivalente del parroco, il dirigente della congregazione che può tranquillamente dedicare oltre trenta ore a settimana, se non di più, alla sua chiamata) e due consiglieri, insieme a molti altri dirigenti di congregazione, insegnanti, ed aiutanti.

Ad ogni membro desideroso è data l’opportunità di servire in qualche modo. Noi non saliamo o scendiamo, ma semplicemente ci spostiamo di quà o di là.

Negli ultimi undici anni, ho servito in 11 diverse chiamate, alcune per poche settimane, alcune per pochi anni; alcune per dieci minuti a settimana, altre per venti ore a settimana.

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A cena con i giovani a cui ho precedentemente insegnato a “seminario”

Ed ovviamente, oltre alle nostre chiamate, spesso aiutiamo a caricare e scaricare dei camion del trasloco; adempiamo a degli incarichi per fornire supporto al povero e al bisognoso; puliamo e lucidiamo le nostre cappelle; visitiamo individui a noi assegnati e famiglie mensilmente; serviamo come accompagnatori per le serate danzanti dei giovani; partecipiamo a progetti di servizio di comunità; forniamo benedizioni di conforto e consiglio e di guarigione nel bel mezzo della notte; e ci congeliamo come dei ghiaccioli ai campeggi invernali, o ci arrostiamo come dei tacchini al forno ai campeggi estivi.

Questa è la vita di un devoto mormone

Ma allora perché ci facciamo questo a noi stessi? Naturalmente, non posso rispondere a questa domanda per gli altri milioni di membri che prestano servizio così estensivamente ed altruisticamente, nei loro modi.

Però, se mi viene fatta questa domanda, io risponderei che é a causa di tre cose: conversione, alleanze e comunità.

Conversione

Io ho provato quel “possente mutamento di cuore” promesso a coloro che lo ricercano dal Salvatore (vedere Libro di Mormon, Alma 5:14). Io so che senza di Lui sono perduto per sempre.

“Vi darò un cuore nuovo” (Ezechiele 36:26) è una promessa che ho visto adempiersi nella mia vita; e quel nuovo cuore, disponibile ogni settimana quando prendo il sacramento del Signore, mi fornisce il desiderio di “fare continuamente il bene” (Libro di Mormon, Mosia 5:2) che, ovviamente, significa servire e sacrificarsi.

Sono pienamente consapevole del fatto che il mio servizio prestato qui a College Station, nel Texas, non influenzerà la politica internazionale; ma la mia conversione al Vangelo di Gesù Cristo mi porta a desiderare di aiutare qualcuno, in qualche modo, per qualsiasi cosa.

Alleanze

Anche così, ammetto che sentire la sveglia alle 5:30 del mattino della domenica non è sempre piacevole, anzi, a volte mi fa pensare che la mia sveglia starebbe meglio nel cestino, anziché sul mio comodino.

Ma in quelle mattinate in cui i tentacoli del nostro materasso sembrano tirarmi a sé, mi ricordo che ho fatto solenni alleanze (ergo, delle promesse) a Dio, di perdere me stesso nel servirLo, e di fare la mia parte nell’essere il guardiano del mio fratello.

Inoltre, mi ricordo che nell’entrare nel regno di Dio, ho promesso di servire e di sacrificarmi, e non di intrattenermi e mettermi comodo. Quando la mia stanchezza ha svuotato il serbatoio, lo riempio con le mie alleanze.

Comunità

E infine, mi sento rafforzato nella comunità della Chiesa più che in qualsiasi altro contesto, eccetto che nella mia famiglia.

A prescindere da chi io stia visitando, se è la giovane madre che si sta riprendendo dal cancro al seno, o il fratello anziano con problemi all’udito, o l’adolescente la cui squadra di calcio ha perso la partita nel weekend, o il bambino che ha appena cambiato scuola, i miei fardelli sembrano più leggeri quando mi sforzo, sebbene a fatica, di sollevare i fardelli altrui.

Ci sono così tante cose che si possono imparare dagli altri. Ci sono dottori, ingegneri, professori, camionisti, insegnanti, idraulici, tecnici, e pensionati che mi ispirano con la loro conoscenza, saggezza, ed esperienza.

Siamo tutti diversi, ma condividiamo una cosa in particolare: siamo tutti figli di Dio, bisognosi della Sua grazia. Io sento la Sua grazia più facilmente, quando partecipo in questa comunità di apprendimento, servizio, e sacrifico.

Questa è la vita di un devoto mormone; e per me, è una vita meravigliosa!

Quest’articolo è stato tradotto e condiviso qua dopo aver ricevuto il permesso dell’autore. L’articolo originale può essere trovato su AggieLandMormons.org