Come difenderci da colui che tenta di confonderci
Quando ci troviamo all’interno di una comunità abbiamo la possibilità di poter condividere gli stessi valori, gli stessi sentimenti e le stesse credenze. In essa ci sentiamo così forti, al punto da sentirci in grado di poter affrontare qualsiasi difficoltà.
Ma al di fuori di essa la vita non è sempre semplice. Tra le tante difficoltà che una persona di fede è costretta ad affrontare vi sono quelle derivanti dai rapporti con coloro che ritengono che la religione, e quindi la fede stessa, sia un qualche cosa di perfettamente inutile, inesistente, se non addirittura definita ”l’oppio dei popoli” rifacendosi ad una frase Marxista.
Ebbene si, perché per molti il non credere in Dio ed in Gesù Cristo, ma esclusivamente in quello che si vede e che convince scientificamente, significa quasi avere una conoscenza talmente tanto forte al punto da sentirsi superiore a chiunque che invece affermi il contrario.
Ogni giorno che passa, il numero dei non credenti aumenta sempre di più e molti pensano che rappresenteranno la ”comunità predominate del futuro”.
Mentre alcune persone sono ben radicate e rinchiuse nelle loro convinzioni, attestate secondo loro da fonti sicure, altre invece decidono di diventarlo a seguito di eventi e/o esperienze traumatiche, come la perdita improvvisa di una persona cara, ma esse non hanno comunque negato del tutto l’esistenza di un Padre Celeste e, quindi, sono più propensi ad un dialogo.
In generale, non è facile avere a che fare con una persona con convinzioni molto ben radicate, che solo un vero credente, animato da una buona conoscenza teologica e supportato dalla fede in Cristo, potrebbe riuscire nell’intento di contrastare le sue tesi dimostrando la vera fede.
Se così non fosse, potrebbero bastare frasi del tipo: ”Dio non è un dato di esperienza, non c’è un luogo dove si possa vedere Dio, parlarci e passarci un pomeriggio” oppure ” dimmi dov’è e dove s’incontra il tuo Dio ed io ci crederò” per avallare la sua tesi della non esistenza di un’entità soprannaturale.
In questo modo, il credente risulterà abbastanza sprovveduto poiché non ha ben considerato che cosa sia un ”atto di fede”, o addirittura non lo ha mai ben capito, e quindi invece di convincere il non credente, dovrà prima ancora riuscire a convincere nuovamente se stesso.
Dobbiamo quindi avere chiari nella nostra mente alcuni concetti come la fede, Dio Padre e Suo Figlio Gesù Cristo, non soltanto dal punto di vista concettuale, ma anche e soprattutto cosa rappresentano essi per noi.
Se facciamo in questo modo non avremo nessun dubbio circa il nostro essere fedeli e, inoltre, chi ci ascolta potrà risultare meravigliato circa le nostre convinzioni e perché no, desideroso di volerne sapere di più grazie al potere delle nostre testimonianze.
Una giornata in classe. Ritorno alle origini
A tal proposito, immaginiamo di dover ritornare ad assistere ad una lezione di Principi Evangelici nella Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni e che l’insegnante ci ponga la seguente domanda: ”Qual’ è secondo voi il principio più importante del Vangelo?”.
Sono sicuro che le risposte saranno il più univoche possibile. Non c’è alcun dubbio che esso è la fede. La fede nel Signore Gesù Cristo è il primo principio del Vangelo. Si tratta di un dono spirituale ed è necessario per la nostra salvezza.
Se dovessimo dare una definizione di fede diremmo che essa consiste nel ”sperare e credere in cose che non si vedono, ma che sono vere” (Libro di Mormon, Alma 32:21; La Sacra Bibbia, Ebrei 11:1).
Infatti, anche se non Lo abbiamo visto con i nostri occhi, noi crediamo in Gesù Cristo e ci sforziamo ogni giorno della nostra vita di assomigliare a Lui. La fede in Lui è ciò che ci deve spingere e motivare ad agire positivamente in tutte le nostre azioni quotidiane, come quando ad esempio decidiamo di lavorare giorno dopo giorno perché così facendo sappiamo che otterremo qualcosa.
Essa risulta essere inefficace se non è seguita dalle opere.
L’insegnante, ad un certo punto della lezione, per poter avallare questa tesi, decide di riportare la storia di un uomo la cui fede si manifestò appunto tramite le sue opere: quest’uomo voleva studiare le Scritture, ma non sapeva leggere. Pregò il Padre celeste perché lo aiutasse ad imparare a leggere.
In seguito, arrivò nel suo villaggio un insegnante ed egli gli chiese di aiutarlo. Imparò l’alfabeto. Studiò i suoni ed imparò a mettere insieme le lettere per formare le parole. Ben presto cominciò a leggere parole semplici. Più faceva pratica, e più imparava. Egli ringraziò il Signore per avergli mandato un insegnante e per averlo aiutato nell’apprendimento della lettura.
Quest’uomo ha accresciuto talmente la propria fede con umiltà e conoscenza che ha potuto servire come presidente di ramo nella Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni ( Principi Evangelici, Capitolo 18: La fede in Gesù Cristo).
Grazie a questo esempio capiamo che se avremo fede, e ci adopereremo e sforzeremo ardentemente ogni giorno in funzione di essa, saremo in grado di ottenere non solo grandi risultati, ma anche tante benedizioni. In questo modo, anche se crederemo in cose che apparentemente non si vedono, riusciremo a far sì che diventino tangibili e concrete attraverso le nostre opere e guidate dall’esempio costante in Gesù Cristo.
Chi è Gesù Cristo? Una lezione molto importante
Proseguendo la sua lezione l’insegnante ad un certo punto decise di chiudere il libro e di dare un taglio diverso alla lezione, non seguendo più uno schema ben preciso, perché consapevole che, così facendo, poteva correre il rischio di non essere seguito più dalla classe.
Per questo motivo, alzandosi in piedi, decise di rivolgere a tutta la classe una domanda non riportata nel manuale, e cioè: ”fratelli e sorelle, ma voi, al di là di quello che vi posso insegnare, perché credete in Gesù?”.
Fu una domanda provocatoria detta così all’improvviso e con un tono così diverso dal solito che colse di sorpresa tutti gli alunni, i quali sembravano quasi non essere in grado di rispondere.
Ma, ad un certo punto, una ragazza, con un tono molto deciso e sicuro, rispose che questa domanda le avrebbe permesso di parlare di ciò che le stava a cuore. Disse che la motivazione non era del tipo: ”perché sono stata battezzata o perché i suoi genitori erano persone di fede, ecc”.
Infatti, tutto questo non le aveva impedito di vivere per parecchi anni senza alcun interesse verso Gesù Cristo e per questo motivo era stata per molto tempo atea. Sostenne, anzi, che: ”Lui si è fatto vivo all’improvviso e la mia vita è cambiata. È diventata bella”. Non si era trattato di un fatto straordinario, ma di una esperienza non provocata da lei.
La consapevolezza che Gesù Cristo c’era, la amava e si era sacrificato anche per i suoi peccati, iniziò a diffondersi in tutto il suo corpo fino a raggiungere la sua anima […]
”È una luce che d’improvviso ti sorprende, ti illumina la vita e la riempie di una gioia profonda, che ti seguirà lungo il cammino, che ti aiuterà ad affrontare anche momenti molto difficili e faticosi. Questa è per me l’esperienza della fede. Sapere che Gesù vive con me e in me”.
Quella testimonianza toccò il cuore di tutti compreso quello dell’insegnante. Quest’ultimo poté tranquillamente affermare che non si crede in Gesù che ci viene a salvare, ma la fede è la presa di coscienza che Egli, che è in noi, deve emergere pienamente nella nostra persona e vita, e che in questo ci libera dal male.
Questo è l’atto di fede. In ogni momento della nostra vita dobbiamo prendercene cura e coltivarla sempre di più.
Per concludere l’insegnante volle condividere con gli studenti i seguenti versetti:
”Ma ecco, se voi risveglierete e stimolerete le vostre facoltà, sì, per un esperimento sulle mie parole, ed eserciterete una particella di fede, sì, anche se non poteste fare null’altro che desiderare di credere, lasciate che questo desiderio operi in voi fino a che crediate, in modo che possiate far posto a una porzione delle mie parole.
Ora, noi paragoneremo la parola a un seme. Ora, se fate posto affinché un seme possa essere piantato nel vostro cuore, ecco, se è un vero seme, ossia un buon seme, se voi non lo espellete con la vostra incredulità, così da opporvi allo Spirito del Signore, ecco, esso comincerà a gonfiarsi nel vostro petto; e quando sentirete queste sensazioni di crescita, comincerete a dirvi:
Questo è necessariamente un buon seme, ossia che la parola è buona, poiché comincia a dilatare la mia anima; sì, comincia a illuminare il mio intelletto […]Ora ecco, non aumenterà ciò la vostra fede? ” (Libro di Mormon, Alma 32:27–29).
Questo articolo è stato scritto da Alberto Battista
Alberto Battista
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