Io credo. Durante il primo fine settimana di Aprile e il primo fine settimana di Ottobre, di ogni anno, la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni svolge la propria rispettiva Conferenza generale annuale e semestrale della Chiesa.
Ogni sessione della Conferenza è piena di messaggi edificanti e di grande ispirazione, nella parola e nel canto, che forniscono nutrimento per l’anima affamata, e un fresco drink rinfrescante dalle sorgenti di acqua viva.
Durante l’ascolto dei messaggi presentati durante la 183° Conferenza Generale annuale della Chiesa di Gesù Cristo, nel mese di Aprile 2013, è stato tenuto un particolare discorso, da uno dei membri del Quorum dei Dodici Apostoli (il secondo gruppo che presiede all’interno della Chiesa SUG) Jeffrey R. Holland, durante la sessione pomeridiana della Domenica, che sembrava risuonare come non mai, nella mia anima. Il titolo del suo messaggio era “Signore, io credo”.
“Se puoi tu credere…”
Nel suo Vangelo, Marco racconta la storia di un padre amorevole che, forse, in preda alla disperazione finale, porta il suo figlio “che ha uno spirito muto”, all’unto del Signore, supplicandolo di avere pietà e guarire suo figlio. Il racconto si trova in Marco 9:17-24:
“E uno della folla gli rispose: Maestro, io t’ho menato il mio figliuolo che ha uno spirito muto; e dovunque esso lo prende, lo atterra; ed egli schiuma, stride dei denti e rimane stecchito.
Ho detto a’ tuoi discepoli che lo cacciassero, ma non hanno potuto. E Gesù, rispondendo, disse loro: O generazione incredula! Fino a quando sarò io con voi?
Fino a quando vi sopporterò? Menatemelo. E glielo menarono; e come vide Gesù, subito lo spirito lo torse in convulsione; e caduto in terra, si rotolava schiumando. E Gesù domandò al padre: Da quanto tempo gli avviene questo?
Ed egli disse: Dalla sua infanzia e spesse volte l’ha gettato anche nel fuoco e nell’acqua per farlo perire; ma tu, se ci puoi qualcosa, abbi pietà di noi ed aiutaci. E Gesù: Dici: Se puoi?! Ogni cosa è possibile a chi crede. E subito il padre del fanciullo esclamò: Io credo; sovvieni alla mia incredulità”.
“Se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi”
Era Amelia Barr, una scrittrice di romanzi britannica, che una volta ha detto: “E’ solo nel dolore e nel cattivo tempo che impariamo. Nella gioia affrontiamo la tempesta e la sfidiamo.”
Ripensando a Lunedi, 12 Aprile 2010, credo di aver avuto una certa comprensione su quanto Amelia Barr cercava di trasmettere, nella sua dichiarazione.
Perché fu in quel giorno che i venti di tempesta infuriavano e la gioia si trasformò improvvisamente in dolore.
Ero in vacanza in Utah, in quel momento, e mi stavo godendo la compagnia dei miei ospiti nella loro casa a Cache Valley. Il giorno era iniziato come un giorno qualsiasi.
Mi alzai dal mio sonno, ringraziai il Signore per un altro giorno, feci la doccia, mi vestii, feci colazione con i miei ospiti e facemmo i piani per la giornata.
Non avrei mai potuto immaginare che nel giro di poche ore, la mia famiglia avrebbe sperimentato un drammatico evento che ci avrebbe cambiato la vita.
Mentre rientravo in casa, con loro, intorno a mezzogiorno, ho ricevuto una telefonata da mio cognato, che viveva a Manassas, in Virginia. Sentivo l’ansia, la frustrazione e l’urgenza nella sua voce, che c’era qualcosa di seriamente sbagliato.
Aveva chiamato per informarmi che la vita della più grande delle miei due sorelle (ella aveva 46 anni all’epoca) era in bilico. A quel tempo, loro erano sposati da 19 anni e il loro bambino ne aveva 11.
Avevo appena parlato con mia sorella un paio di giorni prima di quello, il Sabato, 10 Aprile del 2010.
Avrei potuto dire, dalla sua voce, che era stanca e forse anche un po’ preoccupata per qualcosa, forse su qualche decisione importante, sulla sua situazione di disoccupazione, la sua famiglia o un qualsiasi numero di altre cose, ma non ci ho fatto molto caso.
Abbiamo parlato per qualche minuto e la conversazione si è conclusa con lei che mi diceva che mi avrebbe chiamato la settimana successiva. Come avrei potuto sapere che la conversazione che abbiamo avuto quel pomeriggio, sarebbe forse stata l’ultima?
Mia sorella era andata nell’ambulatorio del medico, quella mattina, per quella che avrebbe dovuto essere una procedura medica “di routine”. Tuttavia, nel corso della procedura, ha sofferto di gravi complicazioni che hanno provocato un arresto al suo sistema respiratorio.
Mentre tutto questo accadeva, ella ha sofferto della mancanza di ossigeno.
Mio cognato mi ha riferito che, al momento in cui lei era ricoverata in un vicino ospedale, riusciva a fare solo 2-3 respiri al minuto, da sola.
La voce all’altro capo del telefono era frenetica e mi stava supplicando di arrivare in ospedale il più velocemente possibile, ma mia sorella giaceva inerme in un ospedale a Fairfax, in Virginia, ed io ero a molte miglia di distanza, a Logan, nello Utah.
Le probabilità che avevo, di prendere un volo per essere lì, al suo fianco, in qualunque momento, al più presto, sembrava essere una cosa impossibile. Anche se ero in compagnia di cari amici, in quel momento, non credo che io mi sia mai sentita così impotente e così sola.
Io credo. Quando sono tornata a casa dei miei amici, ho chiamato subito mia sorella minore per informarla di quello che era successo.
Mentre stavo parlando con mia sorella, uno dei miei amici guardava i numeri di telefono per i templi di Logan e Salt Lake, in modo che potessi chiamare e avere mia sorella e il nome della sua famiglia, inserito durante le cerimonie di preghiera.
Anche se non potevo essere fisicamente accanto al letto di mia sorella, in quel momento, c’era una cosa che ero in grado di fare ed era parlare al mio Padre celeste, in preghiera sincera, e chiamare i miei familiari, per chiedere loro di fare lo stesso.
Io credo che, in quel momento, avrei potuto capire come si sentiva il padre, nel racconto di Marco, e cosa deve aver provato, e avrei voluto gridare: “Se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci”.
Ero davvero preoccupata per mia sorella e di come sarebbero andate le cose, ma quando ho iniziato a comunicare con il Signore, nella preghiera ardente per la situazione, c’era una pace, una tranquillità e una sicurezza, che sono arrivate su di me, per ricordarmi che “… tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno” (Romani 8:28).
Né io, né la mia famiglia, forse, avevamo capito perché tutto questo stesse accadendo, ma una cosa che sapevamo per certo è che Dio ha sempre uno scopo e un piano per tutte le cose che accadono nella nostra vita.
A causa di quella sicurezza e di quella calma, sono stata in grado di continuare per tutto il giorno e riposare tranquillamente la notte, sapendo che Dio aveva la situazione totalmente nel Suo controllo. Egli aveva davvero compassione di noi e poteva aiutarci, ricordandoci che Egli aveva il controllo totale.
La mattina dopo, ho ricevuto una telefonata da parte del mio fratello maggiore, che mi informava che i medici non avevano dato a nostra sorella molta speranza di sopravvivere. Il suo respiro era totalmente controllato e regolato da un respiratore, aveva un tubo di alimentazione e non rispondeva a niente e nessuno.
La relazione dei medici era che si sarebbe trovata in uno stato vegetativo, per il resto della sua vita.
Hanno riferito anche che ci si poteva aspettare che lei respirasse con il respiratore, per almeno 6 mesi o più, e hanno fortemente incoraggiato mio cognato a staccare la spina e farla finita. Quella era la relazione e la diagnosi dei medici, ma Gesù che è il Maestro dei Medici, aveva detto altrimenti.
“Signore, io credo, sovvieni alla mia incredulità”
Io credo. Rimasi in Utah fino al fine settimana e, poi, tornai a casa, nel Maryland, e appena potei, andai in ospedale a trovare mia sorella.
Quando entrai nella sua stanza d’ospedale, il mio cuore veniva affondato, mentre i miei occhi fisici vedevano tutte le diverse macchine che venivano utilizzate, per sostenere la sua vita. Il sentimento di disperazione e di solitudine tornò.
La mia mente era inondata da pensieri come: “Se solo potessi prendere il dolore e la sofferenza, per lei”, “Se solo potessi portare indietro le lancette del tempo di soli pochi giorni, prima che tutto questo accadesse, sarebbe andato tutto bene”.
E’ stato in quel momento che il Signore mi ha ricordato che il mio obiettivo non era nel posto giusto. Stavo permettendo ai miei occhi fisici di dirmi come dovevo sentirmi e non esercitavo la mia fede, guardando la situazione da una prospettiva eterna.
Il Signore mi fece sapere che, anche se sembrava che le macchine sostenessero la vita di mia sorella, la verità della questione era che il Signore era il donatore e il sostenitore della vita che ella aveva.
Era come se potessi sentire il Salvatore dirmi, in quel momento: “Se tu puoi credere, ogni cosa è possibile a chi crede”. E so che la mia risposta è stata: “Signore, io credo, sovvieni alla mia incredulità”.
Mi è stato poi ricordato l’espiazione del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.
Duemila anni fa, un amorevole Salvatore vide che eravamo tutti sofferenti e con un disperato bisogno di guarigione. Sapeva che non c’era nulla che potessimo fare per conto nostro, per farci stare di nuovo insieme.
A causa del Suo grande amore per noi, Suoi figli, non voleva che soffrissimo di dolore e agonia, e così ha preso tutte le nostre malattie, tutto il nostro dolore, tutta la nostra sofferenza ed anche la nostra sentenza di morte su di sé.
Egli prese ciò che era sofferente e distrutto e, come il balsamo di guarigione di Gilead, rimise tutto insieme.
Tre anni sono ormai andati e venuti e la mia amata sorella rimane in stato vegetativo, in una casa di cura specializzata in Arlington, Virginia.
Credo davvero che la nostra obbedienza al Signore, il digiuno e la preghiera sincera, e l’amore eterno, la compassione e la sorprendente grazia del Signore, abbiano permesso a mia sorella di essere ancora con noi, in questo momento.
Ella non può essere in grado di risponderci in modo udibile e con il suo solito sorriso, ma io credo che ella è a conoscenza dell’amore della famiglia che la circonda e le continue preghiere che vengono offerte ogni giorno, per lei.
Alcuni possono guardare un incidente come questo e vederlo come una grave battuta d’arresto, nella vita. Alcuni, dovendo affrontare queste prove e queste avversità, potrebbero alzare le mani e perdere ogni speranza.
Ma mi viene in mente le parole di mia sorella, che ha scritto in uno dei suoi ultimi messaggi, prima che tutto questo si verificasse. Ha scritto:
“Alcuni ci hanno detto di rinunciare. Ho detto “Rinunciare a cosa, DIO?” La mia domanda per loro è: Dio ha rinunciato a noi? Non ha portato la croce, non è stato inchiodato ad essa, non ha sofferto per tutta la notte, non è stato trafitto nel suo costato, non è forse morto per i loro peccati o per i miei? Rinunciare non è un’opzione.”
Alle Sue parole aggiungo un AMEN, fortemente! Rinunciare per me, né per nessuno dei miei familiari è un’opzione. Il Signore si è preso cura dei nostri amati e di tutti noi, per lasciarci adesso.
Io credo. Egli non ha mai rinunciato a noi e noi non siamo in procinto di rinunciare a Lui. Sento ancora il Maestro che dice: “Se tu puoi credere, ogni cosa è possibile a chi crede”.
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