Agire con libertà. Avete mai dato in affitto, o semplicemente abbandonato, la vostra casa di residenza primaria perché non vi andava di pulirla o di prendervene cura, preferendo la strada, il freddo, la fame pur di non assolvere alle vostre responsabilità e rinunciando al comfort di una dimora tutta vostra?
Avete mai dato via la vostra unica auto ad uno sconosciuto, dopo aver lottato e lavorato per pagarla tutta ed estinguere il debito con la banca, semplicemente perché non vi andava di cambiare le gomme un po’ consumate o di far effettuare la dovuta manutenzione?
Queste domande possono sembrare ridicole ad una prima lettura. Certo che non lo avete fatto! Lo spero!
Spero che nessuno di noi mai dia in affitto ciò che di più prezioso ha e che gli è stato affidato con grandi speranze per un buon uso, semplicemente a causa di negligenza, ignoranza, svogliatezza o apatia.
La libertà di agire
È facile pensare che mai daremmo via la nostra casa dove viviamo con i nostri cari, dove creiamo memorie indelebili nei nostri cuori, che conserviamo per generazioni ed è facile dedurre che mai abbandoneremmo la macchina che abbiamo lavorato duramente per comprare, mettendo da parte un po’ di preziosi risparmi ogni mese da anni.
Eppure esiste un dono preziosissimo, più prezioso di ogni pietra o ricchezza terrena, che il nostro amato Padre Celeste ci ha donato e per cui abbiamo lottato con tutta la forza del nostro spirito per difenderlo, prima di venire su questa terra.
Parlo ovviamente del dono del libero arbitrio, il cui utilizzo spesso ce lo facciamo sfuggire dalle mani, per così dire, in moltissime circostanze, solo perché ci dimentichiamo chi siamo e perché siamo qui.
Ci priviamo di gioie sublimi a causa della nostra incapacità di continuare a difendere tale dono! Ci dimentichiamo che siamo noi i padroni delle nostre scelte e della nostra vita, non il prossimo. Neanche Dio ci forza, ha dato a noi l’arbitrio di vivere secondo i desideri dei nostri cuori.
L’incomprensione a cui ho appena assistito tra due dei miei figli, nella quale l’uno accusava l’altro di averlo fatto arrabbiare o di averlo fatto piangere, mi ricorda questo principio.
Avendo questi concetti in mente, non è stato difficile rimanere calma, quasi impassibile, mentre con tutto l’amore e la comprensione che avevo dentro, chiedevo al figlio affranto il motivo del suo sconforto. “Perché piangi, amore di mamma?”
A volte non serve tanto, serve solo una domanda sincera, l’ascolto, ed un forte abbraccio per asciugare le lacrime di un bambino di sette anni, tenero e pieno di purezza.
La storia cambia con i bambini che sono cresciuti, con ognuno di noi. A volte non è così semplice. Perché?
I principi sono gli stessi. Certo che non siamo robot, parole scortesi possono farci male, come altrettanto possono ferirci atteggiamenti egoistici da parte del nostro prossimo, o pettegolezzi.
Il dolore però in sé non è l’unico fattore che dovremmo prendere in considerazione quando è il nostro turno di agire.
Possiamo imparare a dare un posto a quel dolore, possiamo sentirlo fino in fondo per poi, quando siamo pronti, lasciarlo andare, e come disse il Maestro, “porgere l’altra guancia”.
È possibile farlo solo se siamo onesti con noi stessi e se permettiamo a Dio di guarirci dentro e di insegnarci che le offese altrui fanno male solo se si attaccano a parti di noi che ancora non abbiamo sradicato.
L’odio si attacca ad odio represso, così come l’amore si attacca all’amore e la virtù alla virtù.
Come ci ricordano i profeti moderni, nessuno ha il potere di offenderci, siamo noi a sceglierlo.
Non incoraggerei nessuno a mettersi nella triste situazione di chi è schiaffeggiato emotivamente o verbalmente ogni giorno, ma di certo me la sento di incoraggiare me stessa ed ognuno di noi a fermarsi e a non subire la negatività altrui, ma ad agire secondo la bontà che scegliamo di coltivare dentro di noi.
La coppa amara non deve renderci amari, solo umili. Troppo spesso cediamo il nostro arbitrio, si, la nostra capacità di scelta al primo pinco pallino che ci convince ad affidarglielo. Spesso quel pinco pallino non deve fare alcuna opera di convincimento.
Siamo noi a non voler lavorare, a non voler prendere su di noi la responsabilità di adempiere alla misura della nostra creazione, ovvero a crescere e diventare come il Figlio di Dio.
Scegliamo di vivere sotto il ponte della vita invece che nelle case dei nostri sogni. Lehi, il grande patriarca del Libro di Mormon, ci ricorda che siamo nati per agire, non per subire, che siamo liberi di scegliere la vita o la morte spirituale.
16 Pertanto il Signore Iddio concesse all’uomo di agire da sé. Pertanto l’uomo non avrebbe potuto agire da sé, a meno che non fosse attirato o dall’uno o dall’altro. (2 Nefi 2:16)
Nello stesso capitolo di secondo Nefi leggiamo
27 Pertanto gli uomini sono liberi secondo la carne; e sono date loro tutte le cose che sono opportune per l’uomo. E sono liberi di scegliere la libertà e la vita eterna, tramite il grande Mediatore di tutti gli uomini, o di scegliere la schiavitù e la morte, secondo la schiavitù e il potere del diavolo; poiché egli cerca di rendere tutti gli uomini infelici come lui”. ( 2 Nefi 2:27)
Se ci rendiamo conto di stare dando in affitto al prossimo o alle circostanze o alla nostra apatia, il nostro preziosissimo arbitrio, è arrivato il momento di fermarci, di meditare, di chiedere aiuto a Dio e voltare pagina.
Ogni volta che scegliamo di non guardarci dentro, di non voler vedere quello che ci tiene schiavi dei nostri sentimenti negativi, per paura di fallire nel tentativo di cambiare le cose, ricordiamoci che stiamo abbandonando la dimora per cui abbiamo lavorato e pagato un prezzo altissimo nella vita pre-terrena.
È ora di inginocchiarci e chiedere a Dio con tutta la forza della nostra anima di sanarci dentro e di bere la coppa amara che abbiamo di fronte, che è la nostra crescita personale, per poter gioire come gioiscono i pacifici seguaci di Cristo, che come Paolo, sono ” tribolati in ogni maniera, ma non ridotti a stremo, perplessi ma non disperati, perseguitati ma non abbandonati, afferrati ma non uccisi” (2 Cor 4:8,9), che agiscono e perseverano, attaccati alla verga di ferro, con un occhio singolo alla gloria di Dio, fino al giorno perfetto.
Giulia Petrollini Rogers
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