Quando ero un’adolescente, se qualcuno mi chiedeva del Mormonismo e di ciò che lo differenziava dalle altre fedi, di solito elencavo alcune espressioni esteriori di ciò che caratterizzava la nostra chiesa:
- Tre ore di chiesa alla domenica
- Non bere o fumare
- Non fare sesso prima del matrimonio
- Pagare la decima
- Indossare un abbigliamento modesto
- Non guardare film vietati ai minori di 13 anni
Poiché queste cose tendevano a distinguermi esternamente in modo piuttosto notevole dal resto dei miei amici, esse diventarono quello che pensavo fossero le “grandi differenze” tra me e gli altri.
Iniziarono a definire la mia religione diventando, nella mia mente, i punti di riferimento di un mormone di successo. Niente caffè o birra? Le maniche della giusta lunghezza? Niente film come American Pie? Controlla, controlla, controlla. Ok, tutto va bene, è un successo!
Ora mi rendo conto che queste cose diventarono facilmente i miei standard di successo perché erano misurabili. Erano cose esteriori. Chiunque poteva vederle e controllarle attraverso ad un elenco.
Interiore contro esteriore
Mentre crescevo, ho iniziato a conoscere molto di più il vangelo, sono andata oltre quei comandamenti “esteriori”. Ho potuto crescere nella fiducia e nell’amore anche di quelli interiori:
- Amore
- Fede
- Pentimento
- Speranza
- Carità
- Gratitudine
- Devozione
- Bontà
- Gentilezza
- Umiltà
Queste caratteristiche interiori hanno creato in gran parte il mio nuovo e “giusto” standard di successo. Ma c’è un problema principale, con questo elenco: è quasi impossibile da misurare!
Ho abbastanza umiltà? Fede? Amo abbastanza? Non lo so! E comunque quanto è abbastanza?
Penso che sia umano voler sapere come stiamo agendo, come veniamo misurati. Vogliamo sapere se ci stiamo comportando bene.
Come esseri umani abbiamo bisogno anche di accettazione e di approvazione. Spesso, in questa ricerca volta a capire dove siamo, ci spingiamo verso ciò che è più semplice da misurare: i comandamenti esteriori.
Inoltre, per sapere come possiamo valutarci, vogliamo anche sapere come sono valutati coloro che ci circondano in modo da avere dei punti di riferimento e far sì che questi comandamenti esteriori diventino ancora di più dei parametri di riferimento.
È più facile vedere se qualcuno non sta seguendo tali comandamenti piuttosto che capire se e quanto abbia fede, quindi tendiamo a giudicare in questo modo sia noi stessi che gli altri (e Facebook facilita questa tipologia di giudizio!).
Questo non è un fenomeno nuovo. Il popolo al tempo di Cristo si è concentrato su quelle misurazioni esteriori ma ha dimenticato quasi interamente l’aspetto interiore, per cui Cristo ha concentrato la maggior parte dei Suoi sforzi a predicare e parlare del miglioramento interiore.
Spesso, quando ce ne rendiamo conto, vorremmo rifiutare tutto l’esteriore (che riteniamo non tanto importante). Ma non è una sfida tra i comandamenti esteriori e quelli interiori.
Né quelli esteriori dovrebbero essere trascurati. Certamente vanno considerati insieme, ma quello che era pericoloso per i farisei lo è anche per noi: quando i comandamenti esteriori diventano il nostro punto di riferimento primario, perdiamo di vista l’obiettivo sia nel giudicare gli altri (cosa che dobbiamo veramente lasciare a Dio) che nel giudicare noi stessi.
Come ha recentemente avvertito il presidente Uchtdorf: “Quanto sarebbe facile scegliere il nostro argomento preferito del vangelo, evidenziarlo e poi sostenere che abbiamo identificato il punto centrale del vangelo… I due grandi comandamenti sono il punto centrale”.
I due grandi comandamenti di cui parla sono amare Dio ed amare il nostro prossimo. Purtroppo nessuno dei due può essere misurato con un elenco e delle voci da spuntare.
Cercare lo Spirito
Voler sapere come saremmo alla presenza di Dio non è un desiderio cattivo o indegno. Quindi, se non possiamo misurare il nostro successo con i comandamenti esteriori, come possiamo misurarci?
La risposta migliore che ho trovato a questo problema è nel libro “Predicare il mio vangelo”. Forse in nessun altro momento della mia vita sono stata tanto disperata dal voler sapere se stavo agendo bene, come quando ho servito la missione (dato che i livelli di successo, come i battesimi, non erano molto evidenti).
Poi un giorno ho letto: “Tu puoi essere certo che il Signore è contento quando senti lo Spirito che lavora in te”.
Eh, ecco? È così facile! Ho sentito lo Spirito durante tutto quel periodo!
Mi sono trovata altrettanto desiderosa e spaventata di credere a questa affermazione. Ma mi ha bloccato la mente. L’ho letta, riletta, stampata ed incorniciata.
Satana sapeva come scoraggiarmi e questo mi faceva sentire come fossi un fallimento costante. Quando iniziavo a credere di esserlo, ogni volta sentivo lo Spirito che mi faceva pensare diversamente: “Non sono un fallimento, in questo momento. Sta succedendo anche ora: sento lo Spirito”.
Questo mi ha aiutato a tenere sotto controllo le cose, perché è scioccante vedere quanto spesso io sia stata tentata di sentirmi un fallimento e quanto spesso quella sensazione mi abbia impedito di sentire lo Spirito.
E’ davvero così semplice?
Beh, dipende. “Sentire lo Spirito” può essere una misura estremamente semplicistica, poiché una sensazione potrebbe essere legata ad un evento o ad un momento.
Vivere con lo Spirito, pregare per avere lo Spirito, pentendosi regolarmente per poter mantenere lo Spirito e amare la sensazione di avere lo Spirito, sarebbero tutte misurazioni migliori. Perché quando sentiamo lo Spirito, sentiamo Dio.
Se lo facciamo con regolarità, siamo sempre più vicini a Dio. E se siamo veramente vicini a Dio, stiamo trattando noi stessi e gli altri come dovremmo.
Poiché alla fine dei nostri giorni Dio ci metterà dove stiamo meglio e se stiamo meglio alla Sua presenza, ecco dove finiremo. E questo è il successo finale, giusto? Avere la vita eterna con Dio.
Sì. Penso che il nostro rapporto con lo Spirito sia in realtà un ottimo modo per misurare il nostro successo (grazie “Predicate il mio vangelo”!), poiché con esso arrivano tutti quei comandamenti interni ed esterni inclusi nel pacchetto, inclusi l’amare Dio ed amare i nostri vicini.
La cosa divertente è che, nonostante questa buona lezione di apprendimento della misura del successo che ho ricevuto durante la mia missione, mi sembra di averla completamente dimenticata nella mia vita come madre.
Mi trovo a dover nuovamente imparare le mie lezioni più e più volte. Questo è il bello della vita.
Qual è il successo, per una madre? Avere bambini bravi, obbedienti, puliti, felici e in forma?
Che cosa identifica il successo di un giorno? Aver svolto tutti i compiti presenti nel mio elenco di cose da fare? Avere una casa pulita?
Sulla base di questi criteri esterni di successo, indovinate quanto spesso io mi senta soddisfatta? (Se credete che lo sia “spesso”, state tristemente sbagliando).
Sono sempre tentata di misurare il mio successo tramite misurazioni esterne, in particolare su quanto riesco a fare.
Purtroppo ho scoperto che l’ossessione nel realizzare obiettivi esterni è sempre a discapito del lavorare e valorizzare quelli interni (un cambiamento nel cuore, nell’amare, nella gratitudine, nel sentire lo Spirito).
Il mio valore personale
Quindi, invece di avere come unico punto di riferimento di un giorno / mese / anno con la domanda “Quanto ho fatto?”, forse dovrei pormi domande migliori quali:
- Quanto profondamente ho amato?
- Quanto sono stata grata?
- Ho aiutato qualcuno che ne aveva bisogno?
- Ho reso qualcuno felice di sé stesso?
- Ho lavorato duro per scopi per cui ne valga la pena?
- Mi sono rialzata, quando mi sono sentita scoraggiata?
- Quanto spesso e quanto profondamente ho sentito lo spirito?
Come diceva Madre Teresa: “Non è quanto facciamo, ma quanto amore mettiamo nel fare. Non è quanto si dà, ma quanto amore mettiamo nel dare”.
E ancora vorrei sottolineare che non si tratta di confrontare l’interiore con l’esteriore. Ho ancora bisogno di fare le cose. Ma focalizzarmi sull’esterno a scapito dell’interno è il momento in cui le cose diventano difficili e pericolose da gestire.
Perciò se voi, come me, siete tentati di misurare il successo tramite valori esteriori, ricordate queste parole sagge:
“Non guardare il suo volto o l’altezza della sua statura… poiché il Signore non vede come l’uomo vede, perché l’uomo guarda all’aspetto esteriore, ma il Signore cerca il cuore” (1 Samuele 16:7).
Quando state lavorando per far crescere il vostro cuore e sentire lo Spirito voi, amici miei, avete un grande successo.
Questo articolo è stato scritto da Celeste Davis, pubblicato sul sito lds.org. Questo articolo è stato tradotto da Cinzia Galasso.
Cinzia
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Ottimo il suo lavoro Cara Sorella