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mormon-famiglie1La richiesta di raccogliere narrazioni di storie familiari è un appello universale. In alcune culture, la storia veniva conservata e tramandata grazie alle storie da raccontare. Attraverso le storie familiari, possiamo viaggiare in luoghi e periodi, che non potrebbero essere scoperti senza di esse.

Le storie ci insegnano importanti verità e ci aiutano a comprendere e conservare meglio, ciò che viene insegnato sui nostri antenati. Esse ci fanno sorridere e commuovere, creando un legame profondo con la nostra famiglia.

Ascoltando la storia di altre persone, possiamo riflettere facendo tesoro delle loro esperienze, che ci aiuteranno ad evitare determinati errori. Tutte le storie sono importanti, ma il loro valore aumenta in base alla connessione che abbiamo con il narratore o il soggetto della storia.

Le storie che per me hanno più valore, sono quelle dei miei antenati. La storia che ho imparato a scuola, assume un significato diverso quando riesco ad immaginarla in un determinato periodo e luogo, vissuto da uno dei miei antenati.

Storie Familiare

La guerra civile degli Stati Uniti è stato un periodo tragico della storia del nostro paese, con così tante guerre e spargimenti di sangue, da perdere traccia di tutti gli avvenimenti storici nel momento in cui essa viene raccontata.

Tuttavia, posso narrare i dettagli della battaglia del Wilderness, raccontata da uno dei miei trisavoli, Harmon Henry Miller, che ha combattuto in quella battaglia. Da un recente studio sulla psicologia, è emerso che gli adolescenti che conoscono la propria storia familiare, hanno un livello più alto di benessere emotivo.

I dettagli di questo studio, sono riportati più avanti in questo articolo.

Uno dei miei narratori di storie preferiti, Thomas S. Monson, ha condiviso questa storia personale, per illustrare il pericolo della disobbedienza:

Quando ero giovane, ogni estate, da inizio luglio fino ai primi di settembre, la mia famiglia stava nella nostra casa di Vivian Park, nel Canyon di Provo, nello Utah.

Uno dei miei migliori amici in quelle giornate spensierate nel canyon era Danny Larsen, la cui famiglia aveva anch’essa una casa a Vivian Park.

Ogni giorno io e lui girovagavamo in questo paradiso per ragazzi, pescando nel torrente e nel fiume, raccogliendo sassi e altri tesori, facendo escursioni, arrampicandoci e semplicemente godendoci ogni minuto di ogni ora di ogni giorno.

Una mattina, io e Danny decidemmo che quella sera avremmo fatto un falò con tutti i nostri amici del canyon. Dovevamo solo sgomberare una radura in un campo circostante dove avremmo potuto riunirci tutti.

L’erba di giugno che copriva il campo era diventata secca e pungente, rendendo il campo inadatto ai nostri scopi. Cominciammo a sradicare l’erba alta, con l’obiettivo di creare un grande spazio circolare.

Strappammo e tirammo con tutte le nostre forze, ma tutto quello che riuscimmo a ottenere furono piccole manciate di quell’erbaccia ostinata. Sapevamo che questo compito ci avrebbe impegnati per tutto il giorno, e già la nostra energia e il nostro entusiasmo stavano scemando.

Poi nella mia mente di bambino di otto anni venne quella che pensavo essere la soluzione perfetta. Dissi a Danny: “Tutto quello che dobbiamo fare è dar fuoco a quest’erba. Faremo un cerchio nell’erba con il fuoco!” Lui concordò prontamente e io corsi a casa a prendere alcuni fiammiferi.

Per tema che pensiate che alla tenera età di otto anni ci fosse consentito di usare i fiammiferi, voglio che sia chiaro che sia a me che a Danny era vietato usarli senza la supervisione di un adulto. Entrambi eravamo stati ripetutamente avvertiti dei pericoli del fuoco.

Tuttavia, sapevo dove la mia famiglia teneva i fiammiferi ed era necessario far spazio nel campo. Senza pensarci su troppo, corsi a casa e presi dei fiammiferi, assicurandomi che nessuno se ne accorgesse. Li nascosi velocemente in tasca

e corsi di nuovo da Danny, felice perché in tasca avevo la soluzione al nostro problema. Ricordo di aver pensato che il fuoco sarebbe bruciato solo fino a dove avremmo voluto e che poi, in qualche modo, si sarebbe magicamente spento.

Accesi un fiammifero su una roccia e diedi fuoco all’erba inaridita di giugno. Prese fuoco come se fosse stata imbevuta di benzina. All’inizio io e Danny eravamo affascinati mentre guardavamo l’erba scomparire, ma presto divenne ovvio che il fuoco non si sarebbe spento da solo.

Entrammo nel panico, rendendoci conto che non c’era nulla che potevamo fare per fermarlo. Le fiamme minacciose cominciarono a seguire l’erba incolta lungo l’alto versante della montagna, mettendo in pericolo i pini e ogni altra cosa che si trovava sul suo percorso.

Alla fine non avemmo altra scelta che quella di correre in cerca di aiuto. Presto tutti gli uomini e le donne disponibili a Vivian Park si affrettarono avanti e indietro con sacchi di tela ruvida bagnati per cercare di soffocare le fiamme.

Dopo diverse ore furono estinte le ultime fiamme rimanenti. I pini secolari erano salvi, come pure le case che l’incendio avrebbe alla fine raggiunto.

Io e Danny, quel giorno, imparammo diverse lezioni difficili, ma importanti, non ultima l’importanza dell’obbedienza. (L’obbedienza Porta le Benedizioni, Presidente Thomas S. Monson, Aprile 2013)

Le storie dei miei antenati, sono particolarmente significative per me. Purtroppo, non mi è rimasto molto di ciò che i miei antenati hanno scritto su se stessi o i membri della mia famiglia. Possiedo solo una breve storia di vita, scritta dal mio prozio, Hugh Nefi Snively.

Egli era il figlio di Eleanor Stevenson Snively, la mia trisnonna. Il brano che segue è ciò che egli ha scritto riguardo alla morte di Eleanor:

Niente di particolare è accaduto, fino all’autunno scorso, quando mia madre è stata colpita da una grave malattia, lasciando questa vita terrena il 7 ottobre 1868. Ella mia ha detto una cosa mentre ero al suo capezzale, poco prima di morire, che spero di ricordare sempre.

Ha alzato lo sguardo sul mio viso e mi ha detto: “Nefi, sii fedele. Sia benedetto Gesù.” Poi ha chiuso gli occhi ed è morta. Ho cercato di seguire questo monito e spero di farlo sempre. Ho pensato che se sarò preparato come lo era lei, allora sarò soddisfatto quando verrà quel momento.

Eleanor Snively ebbe 14 figli, alcuni di essi morirono durante l’infanzia. Una figlia di nome Sarah, nacque nel giugno del 1838 e morì nel maggio del 1839.

Un documento che ho scoperto di recente, fa luce sulla situazione familiare di Eleanor al momento della nascita di Sarah. Il documento è una petizione fatta da un gruppo di firmatari, fra i quali anche il marito di Eleanor, Hugh Snively, durante la guerra del Missouri contro i mormoni, per il risarcimento per la perdita di un bene.

Per chi non conosce gli avvenimenti della guerra del Missouri contro i mormoni, ecco una breve storia. I membri della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, o mormoni, iniziarono a raccogliersi alla fine degli anni del 1830, nella Contea di Jackson, nel Missouri, in cerca di un luogo dove poter vivere il vangelo restaurato di Gesù Cristo.

Il gruppo coeso, crebbe rapidamente, in confronto ai vecchi coloni che erano lì. I mormoni erano anche abolizionisti, e il Missouri era nel bel mezzo della decisione sull’essere uno stato libero o uno stato schiavista. La contesa tra i mormoni e i vecchi coloni raggiunse un punto tale che il governatore decise che, per il bene dello Stato, i Mormoni dovessero essere cacciati.

L’azione del governatore è conosciuta come “l’ordine di sterminio”, perché se i mormoni non se ne fossero andati, gli altri avrebbero potuto sparar loro a vista! I mormoni fuggirono dal Missouri e cercarono rifugio in Illinois, dove furono accolti dalle buone persone che vivevano intorno a Quincy.

Così Sarah Snively, nacque probabilmente nella zona della Contea di Jackson, nel Missouri, e morì nei pressi di Quincy, Illinois.

Un evento tragico come questo, potrebbe indebolire la testimonianza che una persona ha di Gesù Cristo, ma Eleanor morì ammonendo il figlio di rimanere fedele. Spero di poter sviluppare quel tipo di fede duratura!

Ecco di seguito, un recente studio condotto da ricercatori della Emory University, che si intitola “Lo sai?”.

Per capire il potere della storia familiare, nell’identità adolescenziale, viene utilizzato un elenco di domande, la “Scala del ‘lo sai’?”. Dallo studio è emerso che gli adolescenti che riferiscono di conoscere le storie della propria genealogia, mostrano un più alto livello di benessere emotivo.

La scala del “lo sai?”

Per favore, rispondete alle seguenti domande, cerchiando la “S” per il “sì” o la “N” per il “no”. Anche se sapete quali sono le informazioni che vi chiediamo, non avete bisogno di scriverle. Vogliamo solo sapere se le conoscete.

  1. Sapete come si sono incontrati i vostri genitori? S N
  2. Sapete dove è cresciuta vostra madre? S N
  3. Sapete dove è cresciuto vostro padre? S N
  4. Sapete sono cresciuti alcuni dei vostri nonni? S N
  5. Sapete dove alcuni dei vostri nonni si sono incontrati? S N
  6. Sapete dove si sono sposati i vostri genitori? S N
  7. Sapete quello che è successo quando sono nati? S N
  8. Sapete l’origine del vostro nome? S N
  9. Sapete alcune cose riguardo a cosa è successo quando sono nati i vostri fratelli e sorelle? S N
  10. Sapete a quale persona nella vostra famiglia somigliate di più? S N
  11. Sapete a quale persona della famiglia somigliate di più, con il comportamento? S N
  12. Sapete quali malattie hanno sperimentato i vostri genitori quando erano più giovani? S N
  13. Sapete alcune delle lezioni che i vostri genitori hanno imparato dalle esperienze buone o cattive? S N
  14. Sapete alcune cose che sono successe a vostra mamma o a vostro papà quando andavano a scuola? S N
  15. Sapete la storia della nazione della vostra famiglia? S N
  16. Sapete alcuni dei lavori che i vostri genitori hanno fatto, quando erano giovani? S N
  17. Sapete alcuni premi che i vostri genitori hanno ricevuto, quando erano giovani? S N
  18. Sapete i nomi delle scuole in cui è andata vostra madre? S N
  19. Sapete i nomi delle scuole in cui è andato vostro padre? S N
  20. Sapete se c’era un parente dall’apparenza sempre scontrosa, perché non sorrideva abbastanza? S N

Punteggio: numero di risposte con la S.

Nota importante: riguardo l’ultima domanda! Il 15% del nostro campione ha effettivamente risposto “Sì!” Questo avviene perché le storie che le famiglie raccontano, non sono sempre “vere”. Il più delle volte, esse vengono raccontate al fine di dare una lezione o di alleviare una sofferenza fisica o emotiva.

Come tali, esse possono essere modificate, se necessario. La precisione delle storie non è così importante. In realtà, ci sono spesso divergenze tra i membri della famiglia, su quello che è realmente accaduto! Questi contrasti diventano parte della narrazione della famiglia. Non c’è nulla di cui preoccuparsi!

I ricercatori coinvolti in questo studio, hanno spiegato che si tratta solo di esempi di domande riguardanti ciò che i figli possono conoscere dei loro familiari. Le domande fatte, non possono richiedere una conoscenza acquisita in prima persona sui fatti, quindi le risposte dipenderanno dalla qualità della comunicazione familiare.

I figli sanno che queste cose dimostrano l’importanza della comunicazione familiare. Marshal P. Duke, uno dei ricercatori, nel commentare i risultati dello studio, ha condiviso i suoi sentimenti riguardo all’importanza della comunicazione in famiglia. Egli sostiene che essa ha lo scopo di rafforzare i bambini, e non quello di mostrare quanto essi effettivamente conoscono riguardo alla loro storia familiare.

Provo rispetto per Marshall P. Duke, in quanto come ricercatore studia per trarre le migliori conclusioni a cui i risultati potrebbero condurre. Tuttavia, ritengo che coloro che conoscono la propria storia di famiglia, siano più consapevoli di appartenere a qualcosa di più grande. Un sentimento di appartenenza, crea un senso di sicurezza, d’identità e di benessere.

Come possiamo quindi, comunicare e trasmettere più efficacemente la nostra storia e i valori della famiglia ai nostri figli? In primo luogo, non credo ci sia bisogno di sapere proprio tutto riguardo alla storia della nostra famiglia.

Le domande del “Lo sai?”, riguardano genitori e nonni, quindi potete stare tranquilli. Condividete la fede e promuovete le storie, soprattutto quelle divertenti.

Assicuratevi di ascoltare, in modo che anche i vostri figli possano condividere con voi le loro curiosità e i loro pensieri. In secondo luogo, le storie possono essere condivise durante i pasti insieme o in occasioni in cui la famiglia si riunisce.

I pasti consumati insieme, nutrono il corpo e lo spirito, soprattutto quando ci riuniamo per condividere, oltre al cibo, anche i pensieri, i sentimenti e le idee.

La famiglia potrebbe scegliere di riunirsi in momenti che sono più convenienti per tutti, scegliendo un pasto fra la colazione, il pranzo e la cena. L’obiettivo potrebbe essere quello di mangiare insieme almeno 5 o 6 volte la settimana.

Il padre di una giovane famiglia che conosco, viaggia molto su base stagionale. Durante le stagioni in cui viaggia, sia lui che la sua famiglia cercano di trascorrere insieme la maggior parte dei fine settimana che hanno a disposizione, aspettando con ansia i mesi in cui potranno stare insieme ogni giorno.

So per esperienza personale, che tutti noi cerchiamo di fare sempre le cose migliori e necessarie per la nostra famiglia e per noi stessi, ma spesso quelle più importanti, che hanno un impatto duraturo nella vita dei nostri figli, vengono trascurate. Di seguito, le parole di un Apostolo della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, il Presidente Dieter F Uchtdorf:

La nostra seconda relazione fondamentale è con le nostre famiglie. Dal momento che “nessun successo può compensare il fallimento” qui, dobbiamo porre la massima priorità sulle nostre famiglie.

Costruiamo relazioni familiari profonde e amorevoli, facendo le cose semplici insieme, come la cena familiare e la serata familiare e semplicemente divertitevi insieme. Nelle relazioni familiari, amore si scrive davvero t-e-m-p-o: tempo.

Prendersi del tempo per l’altro è la chiave per l’armonia in casa. Si parla con, piuttosto che di, un altro. Impariamo gli uni dagli altri, e apprezziamo le nostre differenze e ciò che abbiamo in comune.

Noi stabiliamo un legame divino con l’altro, mentre ci avviciniamo a Dio insieme, con la preghiera familiare, lo studio del Vangelo e il culto della Domenica. (“Le cose che contano di più“, Dieter F Uchtdorf, Ottobre 2010)

Se riunire insieme la vostra famiglia è un obiettivo che desiderate e per il quale lottate, potete guardare un reality show interessante. Se non siete fan dei reality, vi assicuro che questo è sano ed edificante, si chiama: “Il cibo della tata”, con Liz Edmunds.

Gli episodi si possono vedere gratuitamente su questo sito: http://www.byutv.org/show/4f383f98-6b31-4661-a832-e73a27a4d6ab/the-food-nanny (in Inglesi).

Liz Edmunds lavora con una delle famiglie che ha chiesto il suo aiuto, per avere dei pasti in famiglia di maggior successo. Ha lavorato con varie tipologie di famiglie, fra le quali una casa piena di studenti universitari, che hanno ritenuto essere vantaggioso condividere dei pasti insieme.

Liz incoraggia i membri della famiglia a preparare ed a consumare il cibo insieme, in modo da aumentare l’esperienza del legame.

Se in questo momento state pensando, che mi sono allontanato dal soggetto dell’importanza dei racconti genealogici, permettetemi di condividere con voi la mia definizione di storia familiare.

La storia familiare è la vita di ogni giorno, non è soltanto quello che è avvenuto decenni o secoli fa, ma anche le esperienze che stiamo facendo e condividendo con le nostre famiglie in questo momento. Vorrei concludere questo articolo con una domanda: “Cosa stiamo facendo oggi, per creare una storia familiare?”.

Risorse aggiuntive:

Se volete saperne di più sui mormoni, cliccate qui.